Il pensiero di Nicola Orazzini sulla “Dittatura del PIL”

Nicola Orazzini, stimato consulente finanziario alla guida di L.M. Consult S.r.l., si interroga sul concetto di “Dittatura del PIL”. Il PIL è il prodotto interno lordo e misura quanto un sistema economico nazionale produce su base annua. Risultato complessivo della capacità produttiva di un Paese, è un dato fondamentale della macroeconomia. Più precisamente, il PIL è il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un Paese in un anno. Possiamo ritenere quindi il PIL come la ricchezza prodotta dal Paese, cioè il valore aggiunto, che è la differenza tra il valore della produzione totale e quello dei consumi intermedi necessari per ottenerla. Detto ciò, le domande che bisogna porsi sono le seguenti: il PIL misura veramente la ricchezza di una nazione e la sua capacità di produrne una certa quantità in un anno? È rimasto un’importante variabile statistica o è divenuto una misura attendibile del benessere di un Paese? Il PIL è ormai diventato una variabile centrale della nostra vita ed è impossibile non riprendere uno stralcio di un intervento di Robert Kennedy, tre mesi prima di cadere vittima di un attentato a Los Angeles, all’indomani della sua vittoria nelle elezioni primarie in California e in Dakota: “[…] Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l’intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”. Nicola Orazzini ci ricorda come il PIL sia diventato la misura del successo di un Paese e la cifra della sua forza economica. Un Paese è grande se è grande il suo PIL. È difficile credere che il PIL sia un indice credibile del benessere, perché è lecito dubitare che basti un numero a esprimere un concetto così complesso. Non è un difetto irrilevante il trascurare la qualità dell’aria che respiriamo e quella del tempo che viviamo. L’idea che il PIL sia un obiettivo da perseguire in modo assoluto e divenga il premio di una gara internazionale fa emergere una responsabilità diretta del medesimo PIL, un rischio insito nel suo stesso concetto. Il PIL è il prodotto di una intera nazione e viene considerato vincente il Paese che produce di più. Nicola Orazzini rifiuta l’idea che il nostro Paese possa stare meglio solo perché passa da un PIL di 1900 a uno di 1901 miliardi di Euro, mentre debba stare peggio se succede il contrario. È totalmente inaccettabile che il PIL sia la misura incontrastata del successo economico di una collettività e quasi la misura della sua felicità. Da qualche tempo alcuni studiosi e premi Nobel, come Stiglitz e Sen, consigliano di trovare il modo di disaccoppiare la ricchezza misurata in termini monetari dal benessere qualitativo delle persone. Un tentativo significativo di utilizzo di un indice complementare o alternativo è il BES (l’indice del benessere equo e sostenibile, elaborato da alcuni anni dall’Istat) come strumento di valutazione degli esiti attesi dalle politiche di bilancio dello Stato. In Italia, il Governo dovrà presentare una relazione sui progressi raggiunti in termine di benessere sociale e ambientale. Verranno scelti nuovi indicatori tra quelli che l’Istat monitora: troveremo quelli sull’occupazione, sulla condizione della donna, sull’accesso ai servizi sociali, sulla scolarizzazione, sulla salute, sulle emissioni inquinanti, sulla sicurezza del territorio e molti altri. Nicola Orazzini trova questa sperimentazione una conquista che ci consentirà di riflettere sulle parole di Kennedy pronunciate nel 1968 alla Kansas University: “Misura tutto eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”.

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